mercoledì 5 maggio 2010

Un marketing di cui diffidare

di Anne Landman
Fonte PRWatch.org

Goldman Sachs, Halliburton, Monsanto, Blackwater, Bank of America, Citigroup, Cigna, Aetna, Enron, Arthur Andersen, Mercury Insurance, Philip Morris. Sono solo alcuni nomi delle imprese che generano sentimenti di diffidenza, rabbia e tradimento. Rappresentano gli scandali, l’avidità, il disprezzo per il welfare, lo spreco di denaro dei contribuenti e tante altre cose negative, fungono da promemoria su come gli illeciti d’azienda portino vergogna e danneggino milioni di persone.
Ma come il pubblico ora si fa più diffidente nei confronti delle grandi multinazionali, così anche le aziende stanno combattendo per attuare forme più intelligenti e sofisticate di relazioni pubbliche. Il loro obiettivo? Manipolare l’opinione pubblica ed assicurare che la diffusione di sentimenti negativi non blocchi la capacità di fare business. Sempre più spesso, le società sono impegnate in variazioni sul tema della corporate social responsibility, per cercare di convincerci che ci si può fidare di nuovo.
Abbiamo ricevuto un avvertimento riguardo a ciò che sta per arrivare, quando la rivista Advertising Age ha pubblicato un articolo su una PR di nome Carol Cone. La maggior parte delle persone fuori dall’ambiente delle Rp probabilmente non ha mai sentito parlare di lei. L’articolo dice che la Cone lascia la sua agenzia pubblicitaria per passare a Edelman, una delle più grandi agenzie di Rp al mondo. Il titolo dell’articolo diceva, “Carol Cone, leader di aziende di qualità, entra in Edelman”.
Carol Cone è definita come la mente creativa della strategia di relazioni pubbliche chiamata cause marketing, in cui una società forma un team senza scopo di lucro per raccogliere fondi per una causa popolare. Alcune grandi aziende usano il marketing solidale come strumento di vendita e di gestione dell’immagine. Forse l’esempio più importante di questa forma di marketing è la diffusione del pinking legato al tumore al seno. Molte imprese vendono prodotti rosa per promuovere la consapevolezza del cancro al seno e danno una parte dei proventi alla Susan G. Komen Foundation. Questa massiccia campagna ha attirato le critiche delle principali società perché vendere dei prodotti “rosa” che possono realmente danneggiare persone o degradare l’ambiente, nel caso di prodotti come le pistole, le automobili e l’acqua in bottiglie di plastica contenenti bisfenolo-A. Questo lato deludente della campagna di sensibilizzazione del tumore al seno ha anche dato vita a una nuova parola: pinkwashing definito dal gruppo di Breast Cancer Action, come un termine usato in modo critico per le campagne aziendali in cui la società promotrice si posiziona come leader nel tentativo di eliminare il cancro al seno e si impegna in attività pratiche che possono contribuire a sconfiggere l’avanzamento della malattia.
Carol Cone era la mente creativa dietro la campagna Go Red for Women, in cui la catena di drug store Rite Aid in collaborazione con l’American Heart Association (AHA), voleva sensibilizzare le donne sulle malattie cardiache. Rite Aid ha dato la possibilità alla propria clientela di acquistare abitini di carta rossa per un dollaro ciascuno, il cui ricavato viene devoluto a AHA. (Salvaguardare le parti anatomiche femminili sembra suscitare particolare entusiasmo, come è evidenziato dall’invenzione di simpatici adesivi per auto che invitano la gente a “Save the Tas Ta.”)
Un grave errore è stato però commesso nella campagna “Go Red for Women”: Rite Aid si dichiarava preoccupata per la salute cardiaca delle donne mentre apertamente continua a generare profitto dalla vendita della più grande causa di malattie cardiache: le sigarette. Sorprendentemente, in un comunicato stampa riguardo la sponsorizzazione della campagna Go Red, Rite Aid elenca molti consigli per la salute delle donne, ma ha fallito completamente nel ricordare anche che smettere di fumare può ridurre di tanto le probabilità di una donna di avere malattie cardiache. Rite Aid era completamente cosciente del fatto che stava vendendo un prodotto che provoca malattie nelle donne come in qualsiasi altra persona, fin dal momento in cui la società aveva firmato contratti con R.J. Reynolds, Brown & Williamson e altre aziende del tabacco indennizzando la catena (proteggendola) da rivendicazioni legali dei danni dovuti alle sue vendite di sigarette.
Nel novembre del 2009 in un articolo del New York Times, la Cone ha sottolineato che il cause marketing sta crescendo in quanto i consumatori potranno regolare i moltissimi annunci tradizionali che li bombardano ogni giorno. Secondo Cone, questo significa che i “markettari” non dovrebbero fare marketing diretto alle persone, ma attirare la gente con la narrazione, “quale migliore storia da raccontare di una storia vera… qualcosa di autentico che ha senso”.
Investire in una buona causa per una società di marketing contribuisce a acquisire un “abito da buon cittadino” consentendogli di associarsi a una rispettabile organizzazione non-profit. Questo conferisce alla società una patina di cura e responsabilità sociale. La collaborazione tra le aziende e le organizzazioni non-profit ha anche un riscontro positivo in quella che è la coscienza dell’imprenditore permettendogli così di poter fare business in modo più positivo.
Richard Edelman dell’agenzia di relazioni pubbliche Edelman ha detto a Ad Age che la perdita di fiducia da parte dei consumatori nelle aziende crea “un’opportunità per le agenzie di Rp di acquisire più responsabilità di marketing da altri settori del marketing.”. Tradotto, questo significa che, come la pubblicità tradizionale perde la capacità di persuadere, le aziende puntano sempre più spesso sulle Rp per attuare la “responsabilità sociale” tramite programmi come pinkwashgreenwashgreedwash e altre più sofisticate strategie per sensibilizzare verso buone cause e quindi alimentare in positivo la reputazione aziendale o, nel caso in cui un’azienda non abbia ancora fatto grandi danni sotto questo punto di vista, per creare un cuscinetto contro un potenziale contraccolpo pubblico.
In effetti, l’attività di Rp si sta consolidando facendo leva sul fatto che i consumatori hanno sfiducia verso le imprese. E’ una cosa piuttosto complicata.
E’ nostro compito esaminare strategie di Rp ed esporre programmi e schemi. Non siamo soli nel riconoscere che le società usano il ”cause di marketing” come strumento per attenuare le minacce all’immagine, influenzare le politiche pubbliche e garantire ricchezza. Spesso le società riescono a tenersi un posto al tavolo delle politiche pubbliche, apparendo come attori responsabili. Ma noi vogliamo essere onesti.
Non tutti gli sforzi di responsabilità sociale delle imprese sono necessariamente un male. Ma una reale responsabilità sociale d’impresa dovrebbe iniziare in casa propria. Prima che la società si associ con un gruppo non-profit, si dedichi a una giusta causa, faccia diventare rosa i suoi prodotti o dia vita ad una fondazione e pubblicizzi poi tutta questa meravigliosa generosità, occorre prima di tutto comportarsi in modo responsabile nei confronti della società. Si deve pagare un salario di sussistenza, trattare i propri dipendenti in modo equo, offrire prestazioni adeguate e fornire ai propri lavoratori un ambiente di lavoro sicuro e salubre. Non dovrebbe impegnarsi in attività fraudolente, maltrattando o intimidendo i funzionari pubblici o danneggiando l’ambiente. Se fa tutto questo e poi vuole continuare a contribuire aiutando o donando qualcosa a una buona causa, va bene, ma sarebbe bello se cercassero di non urlare ai quattro venti quello che stanno facendo.
Fino a quando le società non diventano socialmente responsabili e affidabili, noi di PRWatch.org continueremo a sollecitare i lettori ad essere scettici sui piani di Rp, come il cause marketing e la strategica filantropia aziendale.
Quando si rileva una campagna che ha un obiettivo di marketing, iniziate a farvi domande, come quanta parte del prezzo del prodotto verrà donato realmente alla causa. Chiedetevi se state acquistando un prodotto perché lo volete o ne avete bisogno, o perché una campagna di marketing ha usato bei nastri colorati o altri strumenti per attirare la vostra attenzione. Se davvero si vuole sostenere una causa, chiediamoci se non possiamo donare direttamente il nostro denaro, piuttosto che acquistare prodotti.
Ci auguriamo che queste domande, e il nostro preoccuparci del cause marketing, aiuteranno le persone a scindere le attività aziendali da quelli che sono in realtà modi migliori e più sinceri per aiutare le buone cause.

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